NGC 6025

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NGC 6025
Ammasso aperto
NGC 6025
Scoperta
ScopritoreNicolas Louis de Lacaille
Data1752
Dati osservativi
(epoca J2000)
CostellazioneTriangolo Australe
Ascensione retta16h 03m 17s[1]
Declinazione-60° 25′ 54″[1]
Distanza2460[2] a.l.
(756[2] pc)
Magnitudine apparente (V)5,1[1]
Dimensione apparente (V)12'
Caratteristiche fisiche
TipoAmmasso aperto
ClasseII 3 r
Galassia di appartenenzaVia Lattea
Età stimata80-90 milioni di anni[2]
Altre designazioni
C 95, Cr 296, Mel 139, OCl 939, ESO 136-SC14[1]
Mappa di localizzazione
NGC 6025
Categoria di ammassi aperti

NGC 6025 (noto anche come C 95) è un ammasso aperto posto nella costellazione australe del Triangolo Australe, ma al confine con quella del Regolo.

Mappa per individuare NGC 6025.

Si tratta di un ammasso piuttosto brillante, al limite della visibilità ad occhio nudo: può essere individuato infatti senza strumenti in una notte particolarmente nitida, dove si mostra come una minuscola stella sfuocata; la sua posizione si individua con facilità, circa 10° ad est della brillante stella α Centauri, a nord elle stelle del Triangolo Australe. Un binocolo 10x50 è già sufficiente per risolverlo in diverse stelle nelle notti più buie; è composto da due stelle di magnitudine 7 e da una quindicina di stelle di nona, disposte lungo un asse NW-SE, che gli conferisce un aspetto particolarmente allungato. Attraverso un piccolo telescopio è pienamente risolto anche a bassi ingrandimenti.

La sua declinazione è fortemente australe e fa sì che quest'ammasso non sia osservabile da molte delle regioni abitate dell'emisfero boreale, come l'Europa e quasi tutto il Nordamerica; da alcune regioni abitate dell'emisfero australe, al contrario, si presenza circumpolare.[3] Il periodo migliore per la sua osservazione nel cielo serale è quello compreso fra maggio e novembre.

Storia delle osservazioni

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L'ammasso fu individuato dall'abate Nicolas Louis de Lacaille, che lo descrisse come un gruppo di tre stelline molto minute circondate da nebulosità e lo inserì nel suo catalogo edito nel 1755, in cui raccoglieva gli esiti delle sue osservazioni del cielo australe condotte a Città del Capo; James Dunlop riosservò quest'oggetto più volte, riuscendo a risolverlo completamente in stelle senza lasciare traccia di alcuna nebulosità.[4][5]

Caratteristiche

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L'ammasso non sembra contenere alcuna condensazione centrale, mentre la sua forma appare notevolmente allungata in senso nord-sud; le stelle membri sarebbero circa 140, comprese tutte in un diametro di circa 15', che alla distanza di 756 parsec (2460 anni luce) equivalgono a 11 anni luce circa. Le componenti più brillanti sono di magnitudine 7 e sono ben visibili anche con un binocolo. L'età dell'ammasso è stimata sui 90 milioni di anni, ossia un'età non troppo diversa da quella delle Pleiadi.[5]

La stella più luminosa dell'ammasso è catalogata con la sigla HD 143448 ed è una stella azzurra di sequenza principale con classe spettrale B1Ve; è stato ipotizzato che possa trattarsi di una stella vagabonda blu, risultato della fusione fra due stelle. Sono state osservate inoltre altre tre stelle con caratteristiche peculiari, oltre che alcune binarie spettroscopiche.[6]

  1. ^ a b c d SIMBAD Astronomical Database, su Results for NGC 6025. URL consultato il 16 giugno 2013.
  2. ^ a b c WEBDA page for open cluster NGC 6025, su univie.ac.at. URL consultato il 16 giugno 2013.
  3. ^ Una declinazione di 60°S equivale ad una distanza angolare dal polo sud celeste di 30°; il che equivale a dire che a sud del 30°S l'oggetto si presenta circumpolare, mentre a nord del 30°N l'oggetto non sorge mai.
  4. ^ Catalogo NGC/IC online - result for NGC 6025, su ngcicproject.org. URL consultato il 16 giugno 2013 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2009).
  5. ^ a b Stephen James O'Meara, Deep Sky Companions: The Caldwell Objects, Cambridge University Press, 2003, ISBN 0-521-55332-6.
  6. ^ Grosso, M.; Levato, H., Spectral morphology and rotation in the open cluster NGC 6025, in Revista Mexicana de Astronomía y Astrofísica, vol. 47, ottobre 2011, pp. 255-259. URL consultato il 16 giugno 2013.
  • (EN) Stephen James O'Meara, Deep Sky Companions: The Caldwell Objects, Cambridge University Press, 2003, ISBN 0-521-55332-6.

Carte celesti

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Voci correlate

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